Silvano Zorzi
Silvano Zorzi (Padova, 1921 – Milano, 1994) fu uno dei più grandi progettisti italiani di ponti del XX secolo. Nel 1945 si laureò in Ingegneria Idraulica a Padova e in Ingegneria delle Costruzioni a l’École Polytechnique di Losanna. L’anno successivo collaborò a Torino con il Centro Studi sugli Stati di Coazione Elastica del CNR. La sua attività professionale si incentrò sulla progettazione di ponti e viadotti (per i quali fu tra i primi ad affrontare il sistema delle costruzioni a sbalzo che permetteva un estremo incastrato sulla struttura principale e l’altro estremo libero), canali e gallerie, opere marittime (moli, pontili e bacini), strutture industriali e sportive.
Egli trovò un modo per costruire anche su terreni accidentati e superare precipizi e dislivelli ad altezze fino a quel momento inimmaginabili con l’applicazione della tecnologia del calcestruzzo armato precompresso (dove si produce artificialmente una tensione nella struttura dei materiali da costruzione) alle grandi strutture della rete viaria. La tecnica del conglomerato armato precompresso fu la base dei lavori per le autostrade del Mezzogiorno, come la Salerno Reggio-Calabria e le autostrade in Sicilia, le autostrade romane-abruzzesi o gli altri grandi attraversamenti appenninici.
I viadotti più famosi realizzati da Zorzi furono lo Sfalassà della Salerno-Reggio Calabria (uno straordinario arcotelaio in acciaio) e il Platano del Raccordo Autostradale Sicignano-Potenza. Lo stile dei ponti di Zorzi era immediatamente riconoscibile, come quello di parti di ponti, pile e impalcati dei suoi successori.
Pur avendo dedicato il suo talento esclusivamente alla costruzione di ponti e viadotti, Zorzi mostrò un’attenzione singolare al concetto di strada nella sua interezza, relazionandola al territorio e all’ambiente in cui andava a inserirsi. Fu uno dei primi studiosi a comprendere l’importanza dell’analisi di impatto ambientale, coniugando l’innovazione tecnologica delle costruzioni con una forte visione culturale. Del resto riteneva che i manufatti dell’ingegneria fossero destinati a essere architetture permanenti del paesaggio, per le quali era quindi necessario ricercare leggerezza strutturale, costruttiva e figurativa, seguendone tutte le tappe della creazione artistica.
Nel 1995, a un anno dalla morte, gli fu conferita la medaglia d’oro alla memoria dell’AICAP (Associazione italiana cemento armato e precompresso, di cui fu vicepresidente dal 1979 al 1987) come “sentito riconoscimento per la sua figura straordinaria di studioso e di progettista che tanti contributi ha fornito allo sviluppo dell’Ingegneria delle costruzioni”.
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