Caratteri dello sviluppo italiano
Nel 1961, per la prima volta, le persone occupate nell’industria erano più numerose di quelle occupate nell’agricoltura e l’indice di crescita nazionale superava l’8%. Una serie di fattori avevano determinato questo risultato: l’appoggio di importanti organismi internazionali alle opere di pubblica utilità; il prestito accordato da Washington per il finanziamento delle importazioni di materie prime e macchinari dagli Stati Uniti;
lo sviluppo della Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio (CECA) che aveva portato benefici per l’industria italiana; la spinta data dall’IRI al settore siderurgico e metalmeccanico; lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio della Val Padana e la creazione di nuove centrali termoelettriche che avevano aumentato il potenziale energetico del Paese; la crescita delle esportazioni tessili; la progressiva meccanizzazione dell’agricoltura; l’afflusso di una crescente quantità di risparmi alle banche; l’impegno delle autorità a garantire la stabilità della lira e a scongiurare l’inflazione.
Il sistema di economia mista, il concorso di pubblico e privato, non sempre seguiva logiche realmente concorrenziali di mercato e talvolta l’interventismo statale nella costruzione del sistema dorsale industriale del Paese non seguiva una programmazione rigorosa e a grande scala.
Il meridione era sotto-industrializzato e l’agricoltura ancora lenta nell’ammodernarsi; soprattutto era penalizzato geograficamente, data la sua lontananza dalle nuove vie del mercato europeo.
La conseguenza fu l’emigrazione di massa delle popolazioni povere del Mezzogiorno d’Italia verso la Lombardia, il Piemonte e le città industriali del settentrione.