1999

La storia di Olbia scritta dai relitti

Olbia, il fasciame di una delle navi (I favolosi relitti di Olbia la cosmopolita, in “Archeologia in Sardegna Darwin Quaderni”, fonte: sardegnacultura.it)
Olbia, il fasciame di una delle navi (I favolosi relitti di Olbia la cosmopolita, in “Archeologia in Sardegna Darwin Quaderni”, fonte: sardegnacultura.it)

Adagiata in un’insenatura naturale al centro del Tirreno, Olbia è da sempre uno dei principali approdi della Sardegna, come raccontano fortuite e straordinarie scoperte archeologiche.

Il 1 luglio 1999, durante un sopralluogo della Soprintendenza nel grande cantiere per la costruzione del tunnel di raccordo tra il porto e la viabilità extraurbana, furono notati dei legni di imbarcazioni antiche che affioravano dagli scavi. Tra il 1999 e il 2001, tre campagne di scavo, finanziate da Anas e dirette dalla Soprintendenza Archeologica di Sassari e Nuoro, condotte nell’intero tracciato del tunnel, portarono alla luce 24 porzioni di imbarcazioni appartenenti a diverse epoche: lo studio dei relitti, insieme a quello delle stratigrafie e di migliaia di reperti, ha permesso di illuminare pagine della storia non solo di Olbia ma di tutto il Mediterraneo. 

Lo scavo intercettò l’area che nell’antichità costituiva il principale punto di approdo della città. Pochi ma importanti materiali attestano la frequentazione del sito fin dall’VIII-VII secolo a.C. da parte di Fenici e Focesi (a questi ultimi, secondo la tradizione, si deve il nome Olbia, “felice”). Le testimonianze si fanno poi più abbondanti in relazione alla città punica (fine del IV – inizi del III secolo a.C.). In seguito alla conquista romana, poi, Olbia divenne uno dei più vitali scali commerciali e militari dell’isola: a quest’epoca appartengono i relitti di due navi onerarie affondate nel I secolo d.C. da una grave alluvione, che provocò anche la rovina di un cantiere navale, l’unico mai rinvenuto finora. 

Intorno alla metà del V secolo d.C., 11 grandi navi onerarie furono incendiate e affondate mentre erano ormeggiate in porto, come indicano tracce di bruciatura sui legni. Questo evento traumatico segnò l’inizio di una profonda crisi per la città, che non fu in grado di ripristinare la funzionalità del porto. Gli studiosi collegano l’incendio alle terribili scorrerie dei Vandali, che in quel periodo flagellavano i principali centri mediterranei, Roma compresa. La città comunque sopravvisse: lucerne e ceramiche sigillate africane del VI-VII secolo testimoniano di attività commerciali ininterrotte.

Bisognerà attendere il XIII-XIV secolo per una vera ripresa, grazie alle strette relazioni che Olbia strinse con Pisa. Le indagini archeologiche hanno verificato che il porto fu bonificato tramite un’enorme colmata che permise di raggiungere il fondale libero, confermando così la nota di un anonimo scrittore del ‘700 secondo cui Olbia aveva “un gran porto dalla parte di levante che fu riempito dalli Pisani”.

NOTE

D’Oriano R., I favolosi relitti di Olbia la cosmopolita, in Sardegna cultura (sardegnacultura.it);
D’Oriano R., Relitti di storia: lo scavo del porto di Olbia, 2004;
beniculturali.it, Le navi romane del museo archeologico di Olbia;
La Nuova Sardegna, Sotto il tunnel di Olbia c’è un tesoro. Gli scavi riportano alla luce un patrimonio archeologico, 24 giugno 2000;
news.bbc.co.uk, Ancient fleet unearthed in Sardinia