Inversione di rotta: l’Italia terra di immigrazione
Negli anni ‘90 l’Italia invertì la propria vocazione di Paese di emigranti. Dal 1876 al 1976 avevano cercato fortuna all’estero oltre 24 milioni di nostri connazionali. Ora l’Italia si stava trasformando in luogo di immigrazione.
Il primo censimento ISTAT degli immigrati, del 1981, rilevava la presenza di 321 mila stranieri che dieci anni dopo erano diventati 625 mila.
Il 1993 fu l’anno in cui la differenza tra il numero dei nati e quello dei deceduti, diventò negativa e il flusso migratorio risultava essere il solo responsabile della crescita della popolazione italiana. Secondo la Caritas nel 1996 gli stranieri presenti erano quasi un milione.
Due le leggi da ricordare nel decennio: la “Martelli”, del 1990, volta a introdurre una programmazione dei flussi d’ingresso e a sanare la posizione di quanti si trovavano già sul territorio italiano (allo scadere dei sei mesi previsti vennero regolarizzati circa duecentomila stranieri, in particolare nordafricani) e la “Turco-Napolitano” del 1998, concepita per scoraggiare l’immigrazione clandestina. Con questa legge si istituirono anche i centri di permanenza temporanea per gli stranieri “sottoposti a provvedimento di espulsione”.
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