La prevenzione programmata
La manutenzione era stata uno degli aspetti che già i padri fondatori dell’istituzione delle autostrade in concessione si erano trovati ad affrontare. Avevano per esempio disposto la necessità di intervenire nelle riparazioni immediatamente dopo un incidente stradale distruttivo o di attuare azioni di pulizia specializzata e di gestione della vegetazione ornamentale e infestante. La manutenzione tradizionale veniva tuttavia applicata in modo puntuale solo dopo la rottura della struttura stradale. Scarsa era anche la capacità di prevedere la durata di vita delle strutture stradali soggette alle continue sollecitazioni del traffico.
Così, alla luce delle esperienze pregresse e delle conoscenze acquisite nel corso dei decenni precedenti, si comprese che i lavori di manutenzione andavano affrontati in modo diverso, con pianificazioni e strategie globali che tenevano conto non solo delle proprietà intrinseche dei materiali ma anche delle forze esercitate su di essi dalla massa sempre crescente di autoveicoli e in particolare dei veicoli pesanti.
Fu pertanto dagli anni ‘80, e in modo completo dal 1993, che le strategie della manutenzione adottarono criteri scientifici preventivi. Nacque la Terotecnologia Stradale, dall’unione della parola greca teréo (custodisco, vigilo) con tecnologia, con il significato di tecnologia della conservazione.
La manutenzione preventiva ha permesso di evitare il raggiungimento di livelli elevati di degrado e, per quanto possibile, di apportare migliorie alla struttura riparata rispetto alle sue caratteristiche iniziali. Questo ha determinato un incremento dei tempi intercorrenti tra i diversi lavori e ha permesso di scegliere il luogo e il tempo in cui effettuare i lavori prima del manifestarsi della rottura, riducendo in tal modo anche le code e tutti gli inconvenienti che si sarebbero causati al traffico con interventi non pianificati e ripetuti nel tempo.
Le prime applicazioni riguardarono soprattutto il degrado delle pavimentazioni e sfociarono, già alla fine degli anni ‘70, nel cosiddetto “esperimento di Nardò”. Esso permise di misurare la fatica delle pavimentazioni e il diverso livello di aggressività delle varie tipologie di asse dei veicoli merci pesanti. Si trattava di trovare regole comuni e di scegliere i veicoli meno aggressivi da far circolare nelle strade dell’Europa “unificata”, specie in relazione al trasporto delle merci.
NOTE