Il successo internazionale del cinema italiano
1966 - Pier Paolo Pasolini
Il cinema italiano degli anni ‘60 rispecchiò i cambiamenti della società a seguito del boom economico. Da un lato consolidarono il loro successo nel panorama internazionale importanti registi come Luchino Visconti, Federico Fellini e Mario Monicelli, dall’altro si affermarono autori che diventeranno fondamentali nel cinema internazionale negli anni a venire come Pier Paolo Pasolini, Ermanno Olmi, Bernardo Bertolucci.
I western all’italiana ridefinirono il genere grazie alla “triade” Leone-Morricone-Eastwood e la trilogia del dollaro “Per un pugno di dollari” (1964), “Per qualche dollaro in più” (1965) e “Il buono, il brutto, il cattivo” (1966), lanciando inoltre Clint Eastwood nel panorama cinematografico mondiale.
Le commedie all’italiana videro l’affermazione di registi come Pietro Germi (Genova, 1914 – Roma, 1974) con “Divorzio all’italiana”, Dino Risi (Milano, 1916 – Roma, 2008) con “Il sorpasso” e l’iconico viaggio sulla Lancia a grande velocità sulla via Aurelia che terminerà con un tragico epilogo.
Luchino Visconti (Milano, 1906 – Roma, 1976) dirigerà “Il Gattopardo” e Carlo Lizzani (Roma, 1922 – 2013) si cimentò con un episodio di “Thrilling” con Alberto Sordi (Roma, 1920 – 2003) che aveva come sfondo l’Autostrada del Sole.
Pier Paolo Pasolini (Bologna, 1922 – Lido di Ostia, 1975) stesso utilizzò la strada come metafora del cammino verso la modernità, nel dettaglio il GRA in costruzione nei pressi della Magliana.
Si consolidarono come attori Ugo Tognazzi, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Vittorio Gassman. Da evidenziare l’accoppiata Federico Fellini e Marcello Mastroianni, che realizzò due pellicole imprescindibili del decennio: “La dolce vita” e “8 1/2”.
Altro genere in voga furono i musicarelli, film che prendevano spunti e titolo dalle canzoni famose del periodo per costruirci attorno trame leggere. Nei lungometraggi parodia invece le accoppiate Vianello e Tognazzi e Franchi e Ingrassia portarono la risata leggera nei cinema in parallelo a quella televisiva.
Pier Paolo Pasolini (Bologna, 1922 – Lido di Ostia, 1975) è stato un poeta, giornalista, regista, sceneggiatore, attore, paroliere e scrittore italiano.
La sua testimonianza illumina punti di svolta decisivi della società italiana del secondo dopoguerra: il suo occhio attento studiava il declinare del mondo contadino, la vita giovanile delle borgate romane, la deriva antropologica che stava travolgendo il Paese e le tragedie della Repubblica, dalla strage di Piazza Fontana alle trame eversive degli anni ‘70.
Negli anni ‘60 si avvicinò al cinema. Si sforzava di inquadrare la forma delle città, la loro massa architettonica deturpata da corpi estranei a essa, moderni elementi disturbatori della sua perfezione.
Pasolini non nascondeva critiche verso le abitudini borghesi e la nascente società dei consumi, così come con durezza descriveva paesi arretrati e ancora poveri. Questo lo portò al centro di numerose polemiche.
Fece scalpore il suo reportage del viaggio in Calabria. La descrizione di Cutro. “La lunga strada di sabbia”, pubblicato dalla rivista “Successo” nel 1959, gli causò anche una querela per diffamazione dell’onore locale: “Vado verso Crotone, per la zona di Cutro. Illuminati dal sole sul ciglio della strada, due uomini mi fanno cenno di fermarmi. Mi fermo, li faccio salire. Mi dicono – questa è zona pericolosa, di notte è meglio non passarci. Due anni fa, in questo punto, hanno ammazzato a uno, un ricco signore, mentre tornava in macchina da Roma. Ecco, a un distendersi delle dune gialle in una specie di altopiano, Cutro. Lo vedo correndo in macchina: ma è il luogo che più mi impressiona di tutto il lungo viaggio. È, veramente, il paese dei banditi come si vede in certi film western. Ecco le donne dei banditi, ecco i figli dei banditi. Si sente, non so da cosa, che siamo fuori dalla legge, dalla cultura del nostro mondo, a un altro livello. Nel sorriso dei giovani che tornano dal loro atroce lavoro, c’è un guizzo di troppa libertà, quasi di pazzia. Nel fervore che precede l’ora di cena l’omertà ha questa forma lieta: nel loro mondo si fa così. Ma intorno c’è una cornice di vuoto e di silenzio che fa paura” (Pasolini P.P., 2005).
NOTE