1950

Industria e intervento pubblico: il “modello” IRI

Acciaierie di Terni, 1960 (fonte: acciaiterni.it)
Acciaierie di Terni, 1960 (fonte: acciaiterni.it)
Oscar Sinigaglia (fonte: imprese.san.beniculturali.it)
Oscar Sinigaglia (fonte: imprese.san.beniculturali.it)
Pubblicità Sidercomit pubblicata nel 1954 su Via: rivista mensile edita dall’Automobile Club di Milano (fonte: ACI)
Pubblicità Sidercomit pubblicata nel 1954 su Via: rivista mensile edita dall’Automobile Club di Milano (fonte: ACI)

L’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) era nato, inizialmente come soluzione provvisoria, all’inizio degli anni ‘30, quale strumento per risollevare, attraverso l’apporto e il controllo statale, una serie di realtà bancarie e industriali indebolite dalla bolla speculativa culminata nel 1929 con la crisi delle borse di tutto il mondo.

Negli anni ‘50 questa istituzione rimase in funzione e fu rivestita di un nuovo significato, in un’economia non più soggetta a un regime totalitario come quello fascista, ma nella quale l’industria continuava a beneficiare dell’intervento pubblico

Un notevole contributo venne dall’ingegnere Oscar Sinigaglia (Roma, 1877 – 1953), presidente della Finsider (una società del gruppo IRI) che con il suo piano per aumentare la capacità produttiva della siderurgia italiana strinse un’alleanza con gli industriali privati; si venne così a creare un nuovo ruolo per l’IRI, cioè quello di sviluppare la grande industria di base e le infrastrutture necessarie al Paese, non in “supplenza” dei privati ma in una tacita suddivisione dei compiti.

Il “Modello IRI” prevedeva quindi un’interazione fra soggetto pubblico e privato (alternativa alla nazionalizzazione), attraverso una partecipazione statale nel finanziamento e nel controllo di una serie di attività industriali, soprattutto quelle legate alla ricerca di base, alle infrastrutture e a tutti i campi collegati a investimenti con remunerazioni a lungo termine: obiettivi meno appetibili per i soggetti privati ma che recuperavano interesse e solidità grazie alla garanzia dell’apporto statale. In questo modo lo Stato rendeva praticabili forti investimenti e indirizzi di azione con criteri non necessariamente legati ai massimi profitti, ma ritenuti importanti per  l’interesse generale della nazione

L’IRI giunse proprio negli anni ’50 ad avere un ruolo di preminenza nei settori chiave dell’economia nazionale come l’energia, la cantieristica a tutti i livelli e la siderurgia, e fu un soggetto chiave per la realizzazione delle infrastrutture di trasporto e comunicazione (la rete telefonica nazionale e la rete autostradale).