1950

Il cinema della commedia e della fantasia

Federico Fellini
Federico Fellini
Una scena del film I Vitelloni diretto da Federico Fellini (1953)
Una scena del film I Vitelloni diretto da Federico Fellini (1953)

Negli anni ‘50 il cinema neorealista tramontò lasciò spazio all’esistenzialismo. L’artista ferrarese Michelangelo Antonioni (Ferrara, 1912 – Roma, 2007) fu il primo a imporsi nel genere, soprattutto negli anni ‘60.

Imperversò la produzione dei film del grande Antonio De Curtis (Napoli, 1898 – Roma, 1967), in arte Totò, attore simbolo dello spettacolo comico in Italia oltre che grande interprete di teatro, drammaturgo, poeta, paroliere, compositore e cantante. La critica del tempo tuttavia lo considerava poco più di una marionetta dalla comicità surreale. Non se ne intravedeva la straordinaria drammaticità nel raccontare un’Italia proletaria appena uscita dalla guerra, le sue contraddizioni e i modi di fare.

Film ricchi di riferimenti onirici e fantasiosi erano quelli di Federico Fellini (Rimini, 1920 – Roma, 1993), tra cui spiccano in questi anni “I vitelloni” (1953) e “La strada” (1954) che gli diedero la notorietà internazionale. Il primo racconta di una Rimini sonnolenta, priva di grandi avvenimenti, dove solo la fantasia poteva salvare e offrire possibilità, mentre nel secondo i sobborghi più poveri dell’Italia ancora contadina degli anni ‘50 facevano da sfondo alla storia di un saltimbanco girovago e dei suoi spettacoli di strada. 

Dopo la parabola neorealista dei primi film, Roberto Rossellini (Roma, 1906 – 1977) approdò in questo decennio a riflessioni esistenzialiste (“Stromboli – Terra di Dio”, 1950): il rapporto tra individuo e società, la solitudine dell’esistenza e il silenzio di Dio. Anche Luchino Visconti (Milano, 1906 – Roma, 1976) e Vittorio De Sica (Sora, 1901 – Neuilly-sur-Seine, 1974) si distaccarono dal neorealismo; quest’ultimo con “Miracolo a Milano” (1951) entrò nel territorio della favola e del potere dell’immaginazione sulla realtà. “L’oro di Napoli” (1954), ambientato tra quartieri popolari e palazzi alto borghesi, lanciò in alto le stelle di Sophia Loren e di Silvana Mangano.

Prese piede la commedia brillante con pellicole come “Pane, amore e fantasia” (1953) e “Poveri ma belli “(1957), dallo spirito spensierato e ottimista, che costituirono il punto di raccordo tra il cinema neorealista al tramonto e l’imminente nascita della commedia all’italiana.

L’arrivo della televisione dirottò gli italiani verso il piccolo schermo, facendo presagire la futura crisi del cinema.