1900

La rete ferroviaria dopo l’Unità d’Italia

Locomotiva a vapore del gruppo 625 (fonte: Ferrovie dello Stato Italiane)
Locomotiva a vapore del gruppo 625 (fonte: Ferrovie dello Stato Italiane)
Locomotiva a vapore del gruppo 640 (fonte: Ferrovie dello Stato Italiane)
Locomotiva a vapore del gruppo 640 (fonte: Ferrovie dello Stato Italiane)

Quando l’Italia fu unificata, nel marzo 1861, ben 34 province su 65 erano prive di strade ferrate e attendevano un intervento statale, poiché il treno risultava allora il principale simbolo del progresso. Era necessario collegare le varie parti della penisola con una rete efficiente di trasporti, sia per il controllo dell’ordine interno e dei confini, sia per la realizzazione di un mercato nazionale, dal quale ci si aspettava un consistente aumento dei commerci. Ma soprattutto il treno doveva mettere in comunicazioni gli italiani, che erano isolati fra un territorio e l’altro: simbolo di questo isolamento era il nome di alcune regioni, declinato al plurale, come Puglie, Abruzzi, Calabrie, Maremme.

Nel 1861, vi erano nella penisola 2.189 km di strade ferrate: il Piemonte contava 850 km, il Lombardo-Veneto 607 km, il Granducato di Toscana 323 km, lo Stato Pontificio 132 km, il Regno delle Due Sicilie 128 km, il Ducato di Parma 99 km, il Ducato di Modena 50 km. 

L’Italia settentrionale risultava isolata dalla Toscana e questa dal territorio dello Stato Pontificio, il quale a sua volta era separato dal Regno delle Due Sicilie. Da Bologna, che sarebbe in seguito divenuta il principale nodo ferroviario, non si poteva né valicare l’Appennino, né raggiungere Ancona lungo la costa, né superare il Po a Ferrara. 

La realizzazione e la gestione delle ferrovie furono affidate nel 1865 a compagnie private per non gravare sul bilancio statale, in condizioni difficili a causa delle spese di guerra. Lo Stato manteneva il controllo delle costruzioni e del servizio tramite la Direzione generale delle strade ferrate presso il ministero dei Lavori pubblici.

Il riordinamento della gestione portò a vendere le strade ferrate dello Stato in Piemonte, creando società a carattere pluriregionale con capitali in gran parte stranieri: Strade ferrate Alta Italia, Strade ferrate romane, Strade ferrate meridionali.

Per mezzo secolo, la progettazione dei lavori pubblici fu concentrata sulla realizzazione di ferrovie, mentre le strade ordinarie dovevano servire a raggiungere le stazioni, situate spesso a vari chilometri di distanza, per il fatto che l’insediamento tradizionale italiano si trovava in collina.

Un nuovo riordinamento fu approvato nel 1885, dividendo longitudinalmente l’Italia, tra Rete Mediterranea e Rete Adriatica, accompagnate dalla Rete Sicula. In Sardegna vi era la Compagnia Reale delle Ferrovie Sarde.

La rete ferroviaria misurava 6.429 km nel 1870, 9.290 km nel 1880, 13.629 nel 1890, 16.429 nel 1900, 18.394 km nel 1911, al 50° dell’unità d’Italia.

NOTE

Maggi S., La rete stradale nella lunga storia italiana, in: Bonomi A., Abruzzese A. La Cultura Italiana, Economia e Comunicazione, vol. IV, Torino, 2009;
Maggi S., Storia dei trasporti in Italia, 2005